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Contratto di vendita internazionale Italia – Cina: tutto ciò che devi sapere

Prima di addentrarci nel parlare del contratto di vendita internazionale, è doveroso approfondire brevemente la Convenzione di Vienna del 1980 che si riflette inevitabilmente sui rapporti tra Italia e Cina.

La Convenzione è applicabile automaticamente (se non espressamente esclusa dalle parti) ed è la fonte regolatrice dei contratti aventi ad oggetto la vendita di merci (fabbricati o da produrre) fra imprese con sede in Stati diversi, allorquando:

- siano contraenti;

- le norme di diritto internazionale privato rimandano all'applicazione della legge di uno Stato contraente.

La stessa, invece, non trova applicazione rispetto alle vendite di:

- merci acquistate per uso personale, familiare e domestico;

- merci all'asta;

- merci pignorate;

- valori immobiliari, effetti commerciali e valute;

- navi, battelli, aliscafi e aeronavi;

- elettricità.

Contratto di vendita internazionale: il caso particolare della Cina 

La Repubblica Popolare Cinese ha aderito alla Convenzione di Vienna del 1980 in data 11 dicembre 1986. Essa è tuttavia uno Stato riservatario, in quanto si è avvalsa della facoltà di riserva/esclusione rispetto a due disposizioni della stessa fonte (art. 1, co. 1, lett.b e art. 11), escludendole dall'applicazione del contratto di vendita internazionale.

Nel dettaglio, l'art 1, co. 1, lett b della Convenzione di Vienna regola l'ambito di applicazione ai contratti di vendita di beni mobili tra parti con sedi in Stati differenti:

(a) quando tali Stati sono Stati contraenti;

(b) quando le norme di diritto internazionale privato portano all'applicazione della legge di uno Stato contraente".

Dalla esclusione della lettera b) ne consegue che, nel caso di contratto con parti che abbiano la propria sede di affari in Stati non contraenti, se il foro competente è quello cinese, l'applicabilità della Convenzione è comunque esclusa e si applicherà la legge cinese o la legge interna di un altro Stato, secondo le indicazioni fornite dal diritto privato internazionale cinese

L'art. 11 della Convenzione invece sancisce la libertà di forma del contratto (anche orale) e la sua applicabilità è stata esclusa dalla Cina che, diversamente, richiede ai fini della validità del contratto la forma scritta del contratto a pena di nullità.

Contratto di vendita internazionale Italia - Cina: in quali casi è nullo? 

Come detto, la Cina ha dichiarato di volersi sottrarre all'applicazione dell'art. 11 della Convenzione di Vienna, per cui, anche nel caso in cui questa sia la legge regolatrice del rapporto, varranno, per le vendite internazionali, le disposizioni della LCEE (Legge sui Contratti Economici con l'Estero), ed in particolare l'art. 7, che richiede la forma scritta.

La CVIM (convenzione riguardante i contratti di vendita internazionale di merci) non disciplina i possibili casi di invalidità del contratto, rimessi al diritto internazionale privato.

Di converso, la Cina riconosce le seguenti cause di nullità ai contratti internazionali, quali:

la violazione delle leggi cinesi;

la contrarietà del contratto agli interessi pubblici della società;

la conclusione del contratto per violenza o dolo.

A quelle anzidette debbono, altresì, aggiungersi quelle individuate dalla Corte Suprema:

mancanza dei requisiti di forma;

conclusione del contratto da un falsus procurator;

conclusione del contratto in assenza delle autorizzazioni amministrative o al di là dell'ambito operativo assegnato.

Errore e manifesta iniquità rendono il contratto annullabile.

Contratto di vendita internazionale: quale legge si applica e individuazione del foro competente? 

Essere consapevoli della legge applicabile e individuare correttamente il foro competente a decidere di una determinata causa avente ad oggetto un contratto di vendita internazionale di merci non è affatto banale. Ad accorrere in aiuto però sono le norme di diritto internazionale privato.

Invero, secondo il diritto italiano, la legge applicabile ai contratti internazionali deve individuarsi in base a criteri di collegamento dettati da norme di diritto internazionale privato che richiamano la Convenzione di Roma del 19.06.1980, da applicarsi nel caso in cui il contratto venga concluso con un'impresa avente sede fuori dall’Unione Europea. Per quelle con sedi nell'UE invece troverà applicazione il Regolamento Europeo 593/2008.

Preme rilevare che nel nostro ordinamento la legge applicabile è rimessa alla libera scelta delle parti, purché tale scelta risulti in modo certo dal contratto ((c.d. clausola di legge applicabile).

Anche la legge cinese sui Contratti prevede la libertà delle parti di scegliere la legge alla quale sottoporre il contratto, fatti salvi i casi di inderogabilità, dovendo – ad esempio – essere comunque sottoposti alla legge cinese i contratti di joint venture, i contratti di cooperazione per lo sfruttamento e lo sviluppo delle risorse naturali e i contratti riguardanti operazioni di acquisizione di società di diritto cinese, conclusi tra soggetti cinesi e stranieri e da eseguirsi in Cina.

Anche la legge cinese prevede che le parti indichino in modo espresso la legge applicabile al contratto al momento della stipula dello stesso sicché, in caso di mancata scelta, il contratto sarà regolato dalla legge del paese con il quale il contratto presenta il collegamento più stretto secondo i criteri del diritto internazionale privato applicabile.

Con riguardo alla individuazione del Foro competente, le parti possono liberamente determinare la forma di risoluzione delle eventuali controversie e scegliere il Tribunale competente a decidere la loro controversia (fatta eccezione per i casi di inderogabilità del foro cinese).

Lo studio Arnone & Sicomo e il supporto alle aziende italiane e cinesi 

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