Cos'è la sottofatturazione?
La sottofatturazione è da intendersi quale condotta strumentale all’evasione fiscale, basata sull’indicazione in fattura di un importo inferiore a quello reale, in maniera da consentire all’emittente il conseguimento di ricavi non dichiarati, e dunque la contabilizzazione di prezzi di vendita più bassi rispetto al valore reale.
La sottofatturazione si può realizzare, ad esempio, con la mancata emissione di una parte degli scontrini e ricevute fiscali o, diversamente, con l’emissione degli stessi ma ad un prezzo inferiore rispetto a quello dovuto.
Un occultamento, dunque, che è idoneo a produrre una sproporzione fra il fatturato teorico e quello dichiarato, al fine ultimo di non far emergere tutto l’utile realizzato e di evadere i tributi invece dovuti, come l’IVA sulle vendite, relativamente ai minori ricavi contabilizzati o meglio scontrinati.
Tra le varie condotte di sottofatturazione è prassi molto impiegata in dogana la c.d. “evasione per sottofatturazione” delle merci importate.
In quest’ultimo caso gli esportatori, per lo più cinesi, rendono dichiarazioni doganali non veritiere circa il valore dei beni da introdurre in Italia al fine di pagare meno tasse.
L’evasione per sottofatturazione produce riflessi negativi che vanno ad incidere sui dazi doganali e sull’IVA all’importazione dovuta, nonché sull’Iva nazionale e sulle imposte sui redditi determinabili nei successivi passaggi interni della merce.
Sottofatturazione: le sanzioni e il reato di evasione fiscale
Secondo quanto disposto dall’art. 4 D.Lgs. 74/2000, rubricato “Dichiarazione infedele”, come modificato dal D.Lgs. n. 158/2015, chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indica nelle dichiarazioni annuali elementi attivi inferiori a quelli effettivi e/o elementi passivi fittizi, viene punito con la reclusione da 1 a 3 anni, a condizione che:
- l’imposta evasa sia superiore ad € 150 mila;
- l’ammontare complessivo degli elementi attivi sottratti all’imposizione sia superiore al 10% della somma complessiva degli elementi attivi indicati in dichiarazione o, comunque, superiore ad € 3 milioni.
La ''dichiarazione infedele'', ha carattere residuale, il che vuol dire che trova applicazione solo allorquando la condotta non sia riconducibile, per le caratteristiche oggettive e soggettive che la riguardano ad uno dei reati tributari, come “reato di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” o quello di “dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici”.
La fattispecie di “dichiarazione infedele” ha ad oggetto le sole dichiarazioni annuali, ovvero quelle inerenti l’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle persone giuridiche e l’imposta sul valore aggiunto.
La sottofatturazione, quale condotta punibile, è dunque riconducibile alla disciplina normativa sulla ''dichiarazione infedele'' e, pertanto, punibile alla stregua dell’articolo sopra richiamato, proprio per l’elemento della falsità ideologica che la caratterizza.
La sottofatturazione del valore delle merci in dogana
Come già anticipato, negli ultimi anni si sta diffondendo il fenomeno della sottofatturazione all’importazione, ovvero il rendere in dogana dichiarazioni non veritiere circa il valore della merce oggetto di transazione internazionale, al solo fine di pagare meno tasse.
Il valore in dogana viene dato dal valore attribuito alle merci all’atto dell’importazione (ovvero, prezzo pagato o da pagare per le merci vendute per l’esportazione a destinazione del territorio doganale della UE), fondamentale al fine di determinare le aliquote dei dazi e gli altri tributi dovuti, come l’Iva. In tal senso, all'atto dell'importazione sarà necessario, compilare la dichiarazione doganale d'importazione redatta sul modello DAU.
Al prezzo effettivamente pagato o da pagare per le merci importate andranno poi aggiunte, (e saranno a carico del compratore), senza essere state incluse nel prezzo effettivamente pagato o da pagare, varie voci, tra cui, per esempio, le commissioni, le spese di mediazione e il costo dell’imballaggio.
L’ufficio Dogane può, nell’effettuare i controlli sulla merce importata dall’estero, richiedere all’importatore adeguata prova documentale del valore delle merci, allorquando abbia dubbi circa la congruità e veridicità di quanto dichiarato in bolletta. Conseguentemente laddove l’Agenzia delle Dogane abbia dubbi circa il reale valore della merce importata in UE potrà rideterminarlo, di modo da recuperare soldi per il fisco italiano.
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